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 Il vestito (prima parte)
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ophelja
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Inserito - 26/02/2003 :  12:57:37  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a ophelja
L’odore del giunco era pungente nel grande cesto dove fu delicatamente adagiato e poi coperto con un telo di lino candido.
L’inserviente, quasi una bambina, si chino’ per farsi sistemare sulla testa, come una corona, il grosso cerchio di stoffa imbottita che doveva sostenere il peso di quell’insolito dono che veniva recapitato alla Signora della Villa.
La ragazza ricordava bene il giorno in cui quell’uomo dall’aria distinta, era entrato nel laboratorio che la sua padrona, sarta specializzata, aveva pretenziosamente chiamato “Maison de Paris”.
Il laboratorio, al secondo piano di una bella palazzina al centro della città, era il frutto dei sacrifici della signora Giuseppina, in gioventù apprendista sartina a Parigi, e rappresentava il punto d’incontro delle signore della buona società, dove, oltre a scegliere e provare abiti e cappellini, potevano conoscere le ultime novità in fatto di moda ed interessarsi ai fatti altrui con la grazia che il rango, l’educazione e la sensibilità consentivano loro.
Quando Rosetta, la ragazza che aveva aperto la porta, si voltò per andare a chiamare la signora Giuseppina, le compagne la interrogarono con gli occhi, pregustando, nell’insolita visita, l’argomento di conversazione delle interminabili ore in cui, chine sui vestiti delle clienti, avrebbero cercato di condividere, nei sogni e con la speranza, quel mondo fortunato che il laboratorio riforniva di abiti e merletti.
“Ha con se’ un baule “ aggiunse la ragazza mentre la signora Giuseppina leggeva il biglietto da visita del nuovo arrivato:“Enrico de Sanctis, Spedizioni”.
La signora Giuseppina , aveva superato da più lustri la quarantina ; il suo carattere allegro e la naturale compiacenza che usava nel trattare le persone , la rendevano amabile ed attraente.
“A cosa debbo l’onore di questa visita?” disse mentre, con aria curiosa, reggendo in mano il biglietto, entrava , seguita da Rosetta, nell’anticamera dove l’uomo attendeva .
L’uomo non rispose subito; fece un lieve inchino e sorridendo, si diresse confidenzialmente verso la signora e prima ch’ella potesse dire o fare qualcosa, l’abbracciò baciandola sulle guance.
Imbarazzata, la signora si toccò i capelli e simulando una naturalezza che non provava, ricambiò il sorriso dell’uomo
“Aiutatemi a ricordare...siete forse .....”
“I rocchetti di Enrico” l’anticipò l’uomo, con una luce di divertimento negli occhi, continuando:
“Credo bene che avete rimosso il ricordo del bambino impaziente e petulante che vi scompigliava i tiretti e che era sempre alla ricerca dei rocchetti per i suoi giochi!”
La signora Giuseppina, ricordò in un lampo la scena che le parole dell’uomo riportavano alla memoria; rivide la maestosa imponenza di Donna Clotilde de Sanctis , madre di Enrico, prima e determinante cliente della giovane e speranzosa sartina che, per affermarsi, aveva dovuto sopportare con incredibile pazienza i capricci dell’unico figlio di quella ricca signora!
“Come sei... Siete diventato grande! E che portamento!. Da tanto tempo non si sapeva nulla di voi... e....”
L’uomo, sbrigativamente, mise fine a quelle domande accostando l’indice alle labbra ed emettendo un “Stss..” poi indicò il baule.
Giuseppina era frastornata: il ricordo di quel bambino viziato e la realtà di questo giovane uomo distinto la rendevano - ed era la prima volta – stranamente timida ...
Non ebbe altro tempo per dissimulare il suo stato d’animo perchè già l’uomo apriva il baule, già ne sollevava il coperchio.
Rosetta assisteva alla scena con un’aria di adorazione dipinta sul viso : quell’uomo, mai visto prima, era così affascinante !
Nel baule, arrotolato attorno ad un bastone di legno per evitarne le pieghe, c’era un tessuto di seta.
La stoffa era bellissima : di colore verde scuro, aveva delle righe sottili più lucide, su cui erano ricamati, a rilievo, delicati tralci di edera in un delizioso affondo di pois di una tonalità più chiara.
L’occhio esperto di Giuseppina aveva calcolato subito che era un abbondante taglio di stoffa per un abito, un meraviglioso abito da pomeriggio. Ma per chi? Forse Enrico voleva vendere quella stoffa? O era forse sposato?
Tutti i suoi interrogativi vennero subito soddisfatti dalle parole dell'uomo che, schiarendosi la voce, disse:
“Non sono sposato, mia cara amica; il destino mi ha voluto vagabondo e, con il mio continuo viaggiare in terre lontane, sarebbe impossibile avere una famiglia a cui dedicare tempo e assistenza. I miei affari...sono spesso in Oriente; mi occupo di spedizioni; certamente non vi sarà sfuggito quanto scritto sul mio biglietto da visita. Inoltre, " continuò con un velo di tristezza negli occhi,
" mia madre è morta da tempo e non ho altri motivi per tornare a casa, ed ecco,... risolto il mistero della mia scomparsa!”
“....ma non quello della stoffa!” proseguì dopo aver notato un’aria interrogativa negli occhi della signora Giuseppina che, involontariamente, continuava ad accarezzare la seta.
“Vorrei fare un …una sorpresa.. un dono …. ad una signora".
Estrasse quindi da una tasca interna del baule un foglio con uno schizzo di un abito ed una foto.


(continua)

ophelja

   
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