ophelja
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Inserito - 12/01/2011 : 16:08:30
Consiglio e vendetta Quando aveva deciso la data del proprio matrimonio - il secondo, dopo una vedovanza durata vent’anni – Gina aveva calcolato che c’era tutto il tempo per dimagrire: un anno e, fatti i dovuti conti, in trecentosessantacinque giorni anche a voler perdere solo due grammi al giorno, sarebbe scesa di almeno sette chili. Che pacchia, per una falsa longilinea di circa un metro e sessanta con tacco sette di ordinanza e con un leggero sovrappeso di appena venti chili! Ma il tempo è una unità di misura molto personale e, non si sa come e perché, l’anno che le era sembrato un tempo abbondantemente sufficiente alla bisogna, si era ridotto a quattro miseri mesi prima del grande evento: e il sovrappeso c’era ancora tutto. E il momento peggiore non era ancora arrivato. Subito dopo Natale aveva cominciato una ricognizione tattica in vari negozi cittadini, chiedendo con voluta nonchalance, dei nuovi arrivi primaverili; tutti i venditori, dopo essersi informati del tipo di cerimonia, del ruolo nella cerimonia, del giorno del grande evento, scuotevano la testa dicendo di ripassare di lì a qualche mese. Qualche mese? E come fare per reggere l’ansia di dotarsi in tempo di un’adeguata mise? ”Grazie, ripasserò” rispondeva mestamente mentre i giorni e le settimane scorrevano inesorabilmente. A dir la verità in qualche negozio aveva trovato commesse compiacenti che, pur di accontentarla, avevano cercato in magazzino qualche capo invenduto della stagione precedente. “Questo capo è sciccosissimo....” : una palandrana di veli blu con strass e sbirluccichini da circo. “La taglia è la sua; basterà solo accorciarlo...” : accorciarlo? Ma se con il pezzo da tagliare ci si potrebbe fare una gonna di riserva! “Come le dona questo colore! Le toglie almeno dieci anni!” : “Certo, sono i dieci anni - senza la condizionale - che darei a te per l’istigazione a delinquere e falso ideologico...” replicava mentalmente Gina. Una mattina di marzo, a solo un mese dalla fatidica data e dopo una notte agitata, prese la decisione: “Oggi mi comprerò il vestito del matrimonio, e non se ne parli più!” e senza ulteriori indugi si recò nel negozio sotto casa in cui mai e poi mai avrebbe pensato di mettere piede se non avesse già fatto il primo e il secondo giro di tutti i negozi del paese . La commessa, una graziosa ragazza taglia 48 con evidente sovrappeso ben distribuito, l’accolse con un festoso saluto. “Ci conosciamo?” s’interrogò mentalmente Gina; poi, notando la stazza, pensò che più di una conoscenza fosse un riconoscimento, un comune sentire, una solidarietà fra donne costrette nell’ involucro di grasso che opprimeva la silfide ben nascosta in ogni ex magra. “Avrei bisogno di un abito da cerimonia” disse in un fiato la signora. “Si accomodi, ne abbiamo tanti; sembrano fatti apposta per lei ” fu la consolante risposta della commessa. Oh! musica celestiale per le orecchie e il cuore di ogni donna! Una commessa ben disposta, un negozio senza altre acquirenti, una notevole quantità di abiti da provare, che si vuole di più dalla vita? La prova degli abiti fu stancante. “Questo di voile con ricami di strass?” le propose la volenterosa commessa. “E se fa freddo? “ si diceva Gina. “Oppure sarà perfetto questo con soprabito di lana” . “E se fa caldo? “, ribatteva alla ragazza. “E questo color salmone?” insisteva la commessa. “Troppo giovanile!” “Questo blu...” La pazienza della commessa cominciava a vacillare. “Non mi farà sembrare più vecchia dei miei sessantacinque anni?” rispondeva Gina. Dopo un paio d’ore la commessa era esausta. Inoltre, a complicare il suo non facile compito, era intercorso anche un piccolo incidente. La chiusura lampo di un costoso abito di seta che la volenterosa aveva proposto “tanto per vedere come le sta” ad una altrettanto stanca Gina, si era bloccata sotto l’ascella della povera modella che, trattenendo il respiro in una pericolosa posa da contorsionista, sperava in un provvido soccorso. Tira di qua, tira di la, la cerniera non ne voleva sapere di scorrere nel suo binario. Gina era accaldata ma la commessa era visibilmente colta da sudori freddi. E se l’abito si fosse strappato? “San Giuda Taddeo, santo degli impossibili, aiutami tu” pensava la malcapitata. E il santo, invocato con tanta fiduciosa disperazione, si rivelò determinante per far sgusciare la signora – senza nessun danno per l’abito – da quel costoso baccello di seta. Mai miracolo fu più definitivo poiché Gina decise finalmente che si sarebbe vestita con un sobrio tailleur Chanel, molto elegante e terribilmente costoso. “Che lavoro difficile quello della commessa”, pensava intanto la ragazza. “Sempre disponibile, devo sorridere, mostrare gli abiti, consigliare , cercare le taglie giuste, ed ora questa cliente che è proprio una calamità”. E ad alta voce si sorprese a dire: “Una scelta giusta, signora”, mentre Gina si rivestiva fra la montagna degli abiti provati. “Dico del vestito, perché in fatto di matrimonio le statistiche parlano di un preoccupante aumento dei divorzi! E pensi alle spese, poi... Questo abito, per esempio” continuò con leggera perfidia “costa duemila e quattrocento euro, proprio come un bel soggiorno in una beauty farm dove, oltre a riposarsi, perderebbe anche qualche chilo.... Le interesserebbe fare una capatina all’agenzia viaggi qui accanto?”
Ophelja
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