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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Per le vie di Milano a Sant'Ambrogio
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Elena Fiorentini
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Inserito - 23/01/2006 :  01:31:01  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Elena Fiorentini Invia un Messaggio Privato a Elena Fiorentini
Dai racconti intorno al camino
Per le vie di Milano a Sant'Ambrogio

Elena Fiorentini

Fa freddo amici miei, fa tanto freddo, esattamente come quella volta che...accadde molti anni fa...
Se vi accomodate qui, accanto a me, mentre il grosso ciocco di legna scoppietta e manda luce e calore dal caminetto.

Anni 70, sì, amici miei, accadde proprio in quegli anni lontani che presi la mia prima,unica e memorabile ciucca, o sbronza, come preferite voi. Fu un episodio sporadico , che non mi diverte ricordare, ma che può servire di monito ai più giovani, come lo ero io a quei tempi.
Erano gli anni in cui si andava con le gonne alla Mary Quant, con cinturoni alti, vestitini a portafoglio, cappottini stretti in vita, lunghi fino i piedi e stivali al ginocchio.
A Sant'Ambrogio la nebbia entrava nelle ossa e attraversava ogni tipo di abbigliamento.
Andare sulla neve in quel periodo sarebbe stato il massimo, per noi cittadini che dai primi di novembre vivevamo nel buio delle nebbie, ma non sempre era possibile. L'alternativa era la fiera degli oh bej! oh bej! come esclamavano da secoli i bambini davanti ai modesti giochi della fiera intorno all'antica basilica di Sant’Ambrogio.
Le principali attrazioni erano i venditori di "firoe", che scendevano dalle montagne del cuneese, con le lunghe collane di castagne, già cotte e spesso immangiabili. A portata delle mie tasche c'erano delle bellissime cornamuse microscopiche, con i due tubi di canna, uno corto e uno più lungo, con la sacca dell'aria fatta dello stesso materiale dei palloncini. Dopo una divertente suonata, la sacca dell’aria si rompeva. Restava il rimpianto e il desiderio di affrettare il più possibile l’arrivo della prossima vacanza.
Ero con i miei fratelli e altre due persone. Il freddo che patii quel giorno!
Dopo avere vagato infreddoliti e annoiati, camminammo fino a piazzale Baracca, dove decidemmo di entrare in un bar a bere un delizioso ponce al rum. Non raggiunse le ossa, è l'umidità che ci frega...entrammo in un altro bar e ne bevvi un altro,io arrivai a tre. Mio fratello propose di raggiungere il "Tulipan", uno splendido ristorante ungherese, che si trovava in piazza Oberdan, abbastanza lontano, per chiudere in bellezza la giornata.
Fui la sola a prendere il tram, i miei fratelli non avevano posto in auto per me, avevano le loro ragazze, niente di male, presto ci saremmo riuniti.
Presi altro freddo, che freddo sul tram, amici miei. Non c'era nemmeno molta gente e quindi niente riscaldamento "umano". Non avete mai provato a viaggiare sui carrozzoni della circonvallazione? Già, chi non ha provato non può immaginare. Ora ci sono eleganti vetture nuove, riscaldate e comodissime, tuttavia è possibile trovare ancora le vetuste vetture, gelate e scomode. Il merito va tutto al Ministero dei beni Culturali che vuole salvaguardare veri pezzi di storia e archeologia cittadina per testimoniare ai giovani i modi di vita dei lavoratori e degli studenti che si recavano al lavoro o a scuola.
Che cosa? Sto divagando? Va bene,va bene, ho capito.
Torno subito al Tulipan e agli Ungheresi. Ero tornata da poco dal mio secondo viaggio in Ungheria dove avevo frequentato corsi musicali allora considerati all'avanguardia o quasi. In Germania ce n'era uno famosissimo, a Darmstaat, ma era per compositori.
Gli argomenti che mi interessavano allora vertevano sulla conoscenza degli autori dei paesi d'oltre cortina, quindi -conoscenza - studio - interpetazione - e, molto più interessante, tutte le novità riguardanti l'insegnamento della musica nelle scuole pubbliche. Gli studi erano inframmezzati da energiche bevute di vini bianchi nella “cave”, una cantinaccia ben rifornita, il cui ingresso era situato nella " piazza delle quattro religioni" a Pécs .
Ero molto gasata all'idea di ritrovare l'atmosfera giocosa data dalla musica popolare e dal buon carattere degli Ungheresi, malgrado l’estrema miseria in cui si dibattevano.
Al Tulipan il menu era perfetto. Scelsi le tipiche polpettine di carne arrotolate nella lattuga, e, mentre le aspettavo, sognavo le palacinke, chessà se le preparavano? Si tratta di semplici crepes dolci, farcite con un ripieno a base di noci, mele e con un ingrediente misterioso che conferisce un sapore indefinibile e squisito, paradisiaco. Vengono ricoperte di cioccolata e fiammate...non seppi mai come le preparassero al Tulipan.
Mentre ero assorta in simili profondi pensieri, riassaporavo il vinello bianco delle colline del Balaton e mi stordivo con la musica popolare eseguita dai due violinisti con i loro costumi colorati, accompagni dal suonatore di cymbalon, una specie di piano suonato con dei mazzuoli come quelli degli strumenti a percussioni.
L'atmosfera era perfetta, i costumi in linea con i miei recenti ricordi; era passato poco tempo, ma la malinconia era in agguato e mi stava avvolgendo nelle sue spire, annebiandomi la mente. Ero in quello stato i semieuforia che è caratteristico del popolo ungherese, tra il riso e il pianto ed un bicchier di vino.

"Skoll", si rivolse al nostro tavolo un vicino.
"Skoll" risposi.Poi mi sembrò che qualche cosa si fosse inceppato.
Chiesi di andare in bagno, ma non lo raggiunsi, barcollavo. In realtà, lo scoprii il giorno dopo, avevo bevuto troppo vino e la nebbiolina non era dovuta a malinconia. Venni accompagnata a casa e dormii quasi dodici ore.
Non tornai più al Tulipan, che è chiuso oramai da anni.
Non so se a Milano si può trovare ancora un altro ristorante ungherese che ti fa sentire a tuo agio, malgrado le tradizioni così lontane dalle nostre, pur facendo parte del Pianeta Terra, come sta scritto nella prima pagina del vocabolario Italiano Ungherese

Milano
Ecco come si viaggiava in tram.


foto da corriere.it

Edited by - Elena Fiorentini on 23/01/2006 13:47:02

   
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